martedì 23 novembre 2010

L'attesa

Entrare in farmacia e chiedere "un test di gravidanza, per favore" è stato imbarazzante, come se mi sentissi ancora una diciassettenne sprovveduta agli occhi del vecchio farmacista. Poi lui mi ha chiamato signora, e mi sono ricordata della fede al dito. Che stupida, eh? Come se fosse una fede a renderci più o meno sprovveduti.

Ho passato la giornata in ufficio con il test dentro la borsa, aspettando con ansia l'ora di rientrare a casa per aspettare il neo marito e vivere insieme questo momento.

Io, nel panico tutto il giorno.
Lui, se la ridacchiava. Come se ironizzasse sulla mia paura.

Finalmente prima di cena ci ritroviamo in bagno, con un pezzo di plastica fra le mani che ha un riquadro bianco che dovrà colorarsi.

Due stanghette, negativo.
Tre stanghette, positivo.

Cellulare in modalità cronometro. "Attendere almeno 5 minuti", dice il foglietto delle istruzioni.
Dopo un minuto e mezzo, due stanghette sono già comparse, nitide nel loro rosa su sfondo bianco.
Rimane l'ultima, quella che ci cambierà la vita.
Sono stati due minuti e mezzo lunghissimi, durante i quali l'ansia ha giocato brutti scherzi facendo comparire ai miei occhi, più volte, una stanghetta non veritiera...

L'esito è rimasto a due stanghette.
Negativo.

Butto via il test, torno in cucina. Lui è già ai fornelli.
Mi guarda e ha quegli occhi grandi e neri velati di delusione.
"Io mi ero illuso", mi dice.

Ci abbracciamo e non so se essere triste o contenta.
No, non era decisamente il momento di vedere tre stanghette.
Sarei entrata nel panico più totale.
Però, in questa giornata di ansia e attesa, avevo già iniziato a valutare i pro di una nuova vita a tre.

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