mercoledì 16 marzo 2011

Esperienze da un colloquio di lavoro (per n volte)

Il 21 marzo entrerò in una nuova azienda. Esattamente due mesi dopo aver lasciato la vecchia micro società che, diciamocelo, non rimpiango tanto.
Ho saltato un'altra volta, come avevo fatto a dicembre 2009, e mi è andata bene.
Per due mesi il mio lavoro è stato cercare lavoro. 
Full time, di fronte al pc e in giro per la città a parlare di me a selezionatori più o meno simpatici, professionali, curiosi, invadenti, aziendalisti, menefreghisti, inesperti e navigati.
Sono stata tante Thanit in una. 
Quella votata al marketing, quella che nella vita sogna di fare il commerciale, quella sorridente e quella iper professionale, la Thanit casual e la Thanit in tailleur.
Un po' come una Barbie versione 2.0. Con una differenza sostanziale, però.
Gran parte delle volte sono stata una Barbie senza Ken. 
Stringendo il mio cv tra le mani libere da anelli, recitavo la parte della candidata perfetta. Forte, determinata, consapevole delle dinamiche aziendali e di quello che la persona davanti a me voleva sentirsi dire. 
"Qui si tira spesso tardi, la sera" - no problem, ci sono abituata e la cosa non mi spaventa.
"Qui i livelli di stress possono essere molto alti" - che problema c'è, io so gestire alla perfezione lo stress.
"Qui cerchiamo una persona che passi molto tempo al telefono" - io adooooro stare al telefono.
Tutte cazzate. 
Ma la cosa più difficile è stata gestire l'interrogatorio sulla mia situazione personale. 
Cercare di parare i colpi provenienti da affabili selezionatori che, a fine colloquio e con un sorriso da "dai, dopo un'ora di chiacchiere sul cv direi che possiamo considerarci quasi amici", accendevano la mitragliatrice:

- con chi vivi?
- sei sposata?
- e da quanto tempo?
- e cosa fa tuo marito?
- come ti vedi nella tua vita famigliare da qui a 5 anni?
- qual è il tuo più grande sogno nel cassetto?
- qual è l'esperienza personale che ancora non hai fatto e che vorresti realizzare?
- prevedete di avere dei figli a breve quindi?
- hai nostalgia della Sardegna?
- torni spesso in Sardegna?

Inizialmente rispondevo ingenuamente, fiduciosa nel fatto che un bel colloquio non possa essere inficiato dalle proprie scelte personali.
Naturalmente non era così. 
La parola SPOSATA che il selezionatore vergava in lettere capitali sulla testata del mio cv, mi ha fatto venire il dubbio.
Fammi un po' provare ad andare ai colloqui senza fede...
E infatti, a parte qualche irriducibile, le domande personali si sono diradate. E anche quando ci sono state, ho cercato di schivarle. Un altro po', e sarei andata al prossimo colloquio con un certificato di sterilità in mano.
Sono arrivata al punto di avere paura di dire chi sono, che ho 28 anni, voglia di lavorare, ma sono già sposata con un mio coetaneo e conterraneo (a quanto pare, anche questi ultimi due, sono dei punti a sfavore...).

Lunedì inizierò a lavorare in una nuova azienda, che mi ha dato l'impressione di essere seria e fortemente interessata a investire su di me. 
Me l'hanno dimostrato con una inaspettata lettera di impegno.

Però non sanno una cosa. Che io normalmente porto una fede al dito. Non lo sanno perché non l'ho mai indossata durante gli incontri di selezione. E non lo sanno perché nella scheda informativa che ho compilato ho lasciato vuoto il campo "coniuge". Per loro non esiste un coniuge, un convivente, nessuno. E' vero che non me l'hanno nemmeno mai chiesto, e non sono sembrati per nulla interessati alla mia vita privata. 

Però, quanto le mie omissioni hanno influito in questo mio successo lavorativo?
E quanto mi sento in colpa, io, per aver fatto questa scelta, e aver cancellato dalla sezione "famiglia" della mia scheda informativa la persona che ho scelto di sposare?

Sono stata condizionata dalle pressioni dei colloqui precedenti e dal terrore di lasciarmi sfuggire un'occasione di lavoro per il solo fatto di avere una fede al dito. 
Ma quanto è sbagliato tutto questo?

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